lunedì 1 giugno 2009
venerdì 29 maggio 2009
ULULANDO
Esilio
Follia di un ritorno
da un esilio
nella ragione
che a torto la mente
sulla soglia
accoglie
di una patria
spaesata.
Distacco
Distaccata
mente
d una stella
l’ombra
assecondo
nella sua decadente
menzogna
e complice
mi rendo
mentre quella
barcolla
di luce
brilla.
In desiderio vorrei
senza mentire
la realtà
con distacco
mutare.
Assurdo eppure
Assurdo
eppure
la mia notte
veglio
l’ansia all’inferno
per mano accompagno
e la morte al seno
stringo.
Assurdo
eppure
come di una bambola
il rimpianto
che mai figurai
figlia.
Assurdo
eppure
io sogno.
giovedì 16 aprile 2009
Deliri in corso...
L'infinito non ha avuto inizio. Quando l'infinito si farà avanti e darà una prova della sua consapevolezza, l'innocenza non avrà più ragione di esistere. Esistere, per l'innocenza, non significa esserci, ma solo probabilità di esserci. Anche a dispetto di quella tentazione che viene, per comodo, chiamata esistenza. Richiama a cui non risponde quell'altra parte denominata, sempre per comodo, vita. Sordomuta, avanza nel cieco silenzio che grida e guida cantando la canzone che Dio compose, spacciandola per un'opera: l'Opera!
Ma è soltanto una filastrocca per bambini ancora analfabeti e destinati a restare tali, che ripetono, incessanti e inconsapevoli, la chiave d'accesso che porta all'esterno di un eterno, perchè altri possano ascoltare e rendere partecipi quei bambini stessi, con i loro sguardi già perduti in una foresta trafitta dalla luce di un sole senza scopo alcuno se non quello di sembrare fatto di luce.
Lo scopo di esistere annulla il perchè dell'esistenza stessa.
Ed io delirio. Come una domenica fuori programma. Un giorno inventato da un tempo impossibile ma non improbabile.
Se Dio avesse avuto intenzione di esistere, non avrebbe avuto bisogno di di una domenica, di un tempo, di giorni contati, di inizi, ma soltanto di fini.
Ed ecco che la domenica diventa lo scopo ultimo. Il fine. La fine.
Per godersi un riposo, Dio si è inventato un lavoro, una fatica e un tempo per stancarsi.
Delirio su delirio cominio ad aver ragione di me stessa e quello che è possibile perde i sensi.
Immaginate una chiesa
profanata
dal bisbiglio biascicato
di pensieri vecchi mai usati
e di nuovi già logorati
riposti nel posto giusto
per non esser conservati.
Guardate al sacro
che qualcuno palesò
nella bellezza
e dell'arte usò la scusa
per non farne parte.
Illuso Maestro del suo fare
talento e fatica
passione spassionata
tesa all'inganno
di un'eternità
già esaudita.
lunedì 16 marzo 2009
CAPITOLO DELLA DONNA CAPITOLATA
Hai soldi contati, eppure continui a contarli.
Non ti riguarda più il tempo contato, ma fingi di contare il tempo che ti resta a disposizione per non comprare quel vestito che ti piace tanto e che addosso a te starebbe tanto male. Ti resta il tempo per non fartene una ragione, e folleggiare fra le bancarelle del mercato. Ti fai strada, a spintoni e parolacce, fra la fila di aspiranti volontarie ad entrare nell’esercito delle donne al fronte. La trincea è ancora lontana, ma gli spari degli ultimi pezzi a disposizione dell’artiglieria nemica, ti rende ardita almeno quanto riparata dalla tentazione di disertare. Meglio dissertare sul prezzo. Aver rinunciato alla camicetta non significa essere vigliacchi, solo prudenti quel tanto che è già troppo. Conquistare un lembo di stoffa strappata dalle mani della nemica, che continua a fingere di disprezzare quel che entrambe ambite, ti rende fiera e feroce. E senza guardare di cosa si tratta, senza trattare sul prezzo, compri. E porti a casa. Piena di borse di plastica, piena di te, piena di rabbia, ma nonostante tutto piena di amore. Non hai disprezzato eppure hai comprato. I luoghi comuni non fanno per te. Tranne uno, tranne quel posto, dove tutto è in comune con gli altri. Quelli che ci sono e quelli che vanno e vengono. E anche per quelli che non vengono più. Chi se ne frega della camicetta? Beh... potrebbe esserci ancora, magari una diversa, che ti piace di più. Che costa meno, o magari avrai più soldi. Dopotutto, tuo marito non è ancora alla frutta. E neppure tu. E mai più ci sarete, purtroppo. Il tempo della semina è finito prima del tempo, del primo tempo. L'intervallo non ricrea, non crea. Distrugge. La pausa che ti prendi a tutti i costi non ha valore eppure l'ostenti come il più prezioso dei tesori. L'isola che non c'è non c'è mai stata. Eppure ci sei approdata, naufraga ignara dell'ultimo diluvio, colomba in gabbia, che non proferisci neppure il silenzio per non rischiare di perdere la quiete che ti squarcia la gola.
E un ramoscello d'ulivo cade laggiù, nella polvere che si leva da uno sparo che il mercante svende a caro prezzo e poi giace estinto e sconsolato d'aver sprecato invano l'ultimo omaggio per la sua donna in guerra anche con la guerra.
Il riposo non ha più senso, tanto vale scavare fino al mare. Perfino a... mare.